Regione Fvg, dal modello ospedale-centrico alla diffusione capillare dell’assistenza. La presidente fa il punto e dice ai friulani: non abbiate timore di cambiare
UDINE. Spiegare ai cittadini come funziona la nuova sanità regionale, come incide sulla quotidianità. È una prova supplementare per la presidente Debora Serracchiani e per il centrosinistra. Che finora sono stati impegnati a scrivere leggi, far quadrare bilanci, confrontarsi (e scontrarsi) con i professionisti.
Ecco perché scatta la fase due della riforma sanitaria, come la chiama Serracchiani.
«Una fase nella quale andremo sul territorio e organizzeremo assemblee pubbliche per spiegare la riforma, lo sforzo è quello. Perché il cambiamento va accompagnato».
Presidente, i cittadini come toccheranno la riforma?
«Dopo due anni di programmazione, di riconversione degli ospedali e di protocolli firmati, il passaggio che inciderà sulla vita di tutti giorni è l’apertura dei Centri di assistenza primaria (Cap), che saranno operativi per 12 ore al giorno dal lunedì al venerdì e dalle 8 alle 10 nei sabati e prefestivi. E nei Centri lavoreranno medici di famiglia, pediatri di libera scelta, specialisti, infermieri, assistenti sociali, amministrativi, così da rappresentare un riferimento sul territorio per i pazienti e le loro famiglie, e ricorrere sempre meno all’ospedale.
«Nei Cap, inoltre, le cartelle cliniche saranno condivise da tutti i medici per cui quando un paziente andrà al Centro per un’urgenza e non troverà il suo medico, avrà la stessa assistenza e lo stesso aiuto da parte degli altri professionisti. Un Cap a Manzano aprirà a giorni, ma nei prossimi mesi ed entro la metà del 2017 saranno operativi decine di Centri.
«In alcuni casi i Cap saranno anche all’interno degli ospedali, producendo effetti utilissimi su diagnosi, cura e assistenza dei cittadini, per lo scambio immediato di informazioni tra medici e specialisti dell’ospedale».
Negli ultimi dieci anni la spesa sanitaria è stata in costante crescita e assorbe il 55 per cento del bilancio della Regione (circa 2,5 miliardi). Aumenterete le risorse?
«Abbiamo raggiunto un primo, fondamentale risultato, perché quest’anno siamo riusciti ad azzerare il debito della sanità. Non solo. Abbiamo definito un costo standard per i servizi. Faccio un esempio. Una siringa aveva costi diversi non solo da un’azienda sanitaria all’altra, ma anche da ospedale a ospedale e addirittura, in alcuni casi, da reparto a reparto.
«Fino all’anno scorso, inoltre, avevamo Aziende sanitarie in utile e questo non era positivo, perché le Aziende non devono fare utile, devono spendere bene tutti i soldi che hanno per i servizi ai cittadini. È possibile utilizzare meglio le risorse – che restano circa 2,5 miliardi l’anno – senza tagli ai servizi. Inoltre va invertito il rapporto che prevedeva il 55 per cento dei finanziamenti agli ospedali e il 45 al territorio».
Molte Regioni chiedono l’integrazione tra ospedali e aziende territoriali, solo il Fvg ha ottenuto il via libera da Roma. Perchè?
«Quello è probabilmente il futuro e lo abbiamo ottenuto dal Governo perché con costanza, ogni settimana, io o l’assessore Maria Sandra Telesca ne abbiamo spiegato le ragioni a Roma, fino al traguardo».
Trova ancora molte resistenze da parte di chi deve attuare la riforma?
«Dove non ci sono questioni personali in gioco c’è il riconoscimento che questa è una riforma che va nella giusta direzione, perché sono cambiate le esigenze di salute delle persone mentre il nostro sistema era rimasto immutato.
«Le resistenze, quindi, non sono sistemiche, ma sono spesso individuali. Va anche riconosciuto, però, che abbiamo trovato molto terreno fertile tra i professionisti, consapevoli che il cambiamento è un investimento sulla loro professione e sul futuro della sanità in regione».
Uno degli obiettivi del nuovo Piano dell’emergenza/urgenza è il soccorso con l’elicottero anche la notte (oggi termina alle 20), ma ci sono diversi problemi nelle piazzole di atterraggio, non abilitate. Che tempi vi siete dati?
«Il servizio parte ora a Latisana, ma con il Piano – che mancava da vent’anni – abbiamo anche aggiunto quattro ambulanze in più in luoghi prima non serviti, che funzionano 24 ore, e due automediche. Oggi inoltre siamo l’unica regione in Italia ad avere online tutta la sanità, dalle visite al sistema dell’emergenza, dalle farmacie alla Guardia medica con l’App “Emergenze Fvg”. E poi sfruttiamo la tecnologia e attraverso appositi tablet abbiamo la possibilità di collegare direttamente all’ospedale di destinazione tutti i parametri del paziente».
Che tempi ci sono per l’eliminazione dei doppioni negli ospedali?
«Abbiamo avviato una fase soft, per cui in certi casi attendiamo che a breve vadano in pensione alcuni primari. Un problema, invece, è legato al fatto che alcuni professionisti non trasmettono le loro competenze ai giovani, cioè non c’è più lo scambio tra maestro e allievo e su questo tutti dovrebbero riflettere».
Il turnover per gli infermieri, invece, sarà sbloccato?
«In queste settimane ho incontrato tutti i dg delle Aziende sanitarie e tutti mi hanno rappresentato un saldo attivo tra i pensionamenti e le assunzioni. Abbiamo appena chiuso il concorso per gli infermieri e pensiamo di avviare nel comparto, intanto per il 2016, complessivamente 200 assunzioni, senza contare che a Udine cercheremo di stabilizzare i tanti precari».
Il Fvg dal 1998 paga da sè la sanità e molti ripetono che ormai non “conviene” più. Nella revisione del patto Padoan-Serracchiani è possibile chiediate allo Stato di trattenere una fetta maggiore di compartecipazioni erariali?
«Ci facciamo carico in prima persona della sanità, ma anche del trasporto pubblico locale e degli enti locali. Dico però che probabilmente i conti andavano fatti meglio nel 1998 perché la nostra realtà non è quella di Trento o Bolzano. Siamo stati l’ultima Regione, in ordine di tempo, a cui è stata concessa la Specialità con la conseguenza che abbiamo ottenuto meno, sia a livello di competenze specifiche che di compartecipazioni economiche, rispetto ad altri.
«Al di là del passato, però, è evidente come avere un bilancio così fortemente bloccato impedisca alla Regione di investire il denaro in altri campi, ad esempio focalizzandosi sugli investimenti. E in questo senso il superamento del “vecchio” Tondo-Tremonti è stato fondamentale perché ci ha permesso di evitare di versare 300 milioni di euro all’anno nelle casse dello Stato e di poter invece utilizzare questa somma a favore della crescita economica del Fvg.
«E anzi, se non avessimo fatto la riforma della sanità, presentandoci con i conti in ordine, non potremmo trattare con il Governo come facciamo. Oggi invece possiamo andare a Roma a dire non soltanto che non costiamo nulla al Paese, ma che all’interno del sistema sanità siamo indispensabili».
FONTE: MessaggeroVeneto - 16 Agosto 2016