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Elezioni regionali 2018. Il segretario della Lega interviene sul forum realizzato dal Messaggero Veneto: «Rifletta sul perchè ha perso a Milano»
UDINE. Stefano Parisi era conscio di come le sue parole, legate alla necessità di smarcare il centrodestra dal dominio leghista in Italia e in Fvg, avrebbero alzato un polverone. A Roma e Milano, certamente, ma anche a Trieste e Udine dove l’intervista dell’ex candidato sindaco di Milano – incaricato da Silvio Berlusconi di provare a riunire le anime disperse della coalizione – ha suscitato più di qualche mal di pancia, in particolar modo – anche se non esclusivamente – in casa del Carroccio.
D’altronde pensare che Massimiliano Fedriga alzasse bandiera bianca per quanto riguarda la propria candidatura alla presidenza della Regione in base a un “diktat” parisiano sarebbe stato un azzardo, un pensiero che soltanto chi non mastica nulla di politica avrebbe potuto pensare di trasmettere in pubblico.
Lo sapeva Parisi così come Massimo Blasoni e Riccardo Riccardi – i due esponenti di Forza Italia che lo hanno affiancato nella sua tappa udinese – e, infatti, Fedriga non soltanto non getta la spugna, ma rilancia “sparando” sul manager pubblico.
«Ognuno è libero di dire quello che vuole – ha spiegato il capogruppo leghista alla Camera –, ma io ero e resto in piena corsa. Noto con piacere, in ogni caso, come Parisi abbia scoperto dove si trova la nostra regione considerato che, in quanto a poca presenza sul territorio, se la gioca con Serracchiani. Magari, però, lo inviterei la prossima volta a fare più attenzione alle città dove si candida, senza riuscire a battere la sinistra, invece di venire qui a impartire lezioni su come dovrebbero comportarsi il centrodestra friulano per vincere».
E anche se il segretario regionale del Carroccio invita tutti a concentrarsi sul nocciolo della questione e cioè che «il problema di questa Regione è cacciare Serracchiani il prima possibile e in quest’ottica non abbiamo tempo da perdere con i Parisi di turno», non può esimersi dal lanciare un messaggio, più o meno duro a seconda dei punti di vista, anche a Forza Italia e in particolare alla coppia Riccardi-Blasoni.
«Non so perché fossero al suo fianco – ha concluso – visto che Parisi non mi risulta essere un rappresentante del loro partito e per la verità nemmeno un iscritto. Probabilmente è un loro amico. Può essere, ognuno sceglie le compagnie che preferisce, ma se posso permettermi, per il futuro, consiglierei di circondarsi di amici migliori».
Una reazione a muso duro, dunque, quella di Fedriga che conferma come i giochi all’interno del centrodestra non siano certamente già chiusi in vista del 2018. La corsa è lunga, impegnativa e porta con sé il rischio – non di poco conto come insegna la storia recente del blocco conservatore – di minare le fondamenta della coalizione.
Sempre a condizione, ovviamente, che lo schema di gioco con il quale ci si avvicinerà alle Regionali (siano esse tra un anno e mezzo o nella prossima primavera) sia quello che abbiamo sotto gli occhi oggi. Perché la sensazione netta è che dopo il 4 dicembre – in caso di vittoria di Renzi ma pure se il premier dovesse perdere – nulla sarà più come prima.
A sinistra, senza dubbio, ma attenzione a quello che potrebbe accadere a destra. Perché il fiume carsico è già in movimento e più di qualcuno comincia a sussurrare una serie di alleanze variabili che potrebbero portare a polarizzare ulteriormente lo scontro: con gli “estremi” da una parte e un grande blocco moderato al centro. Fantascienza? Forse, ma in fondo vi stupirebbe davvero così tanto?
FONTE: MessaggeroVeneto - 12 Novembre 2016
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