Progetto leghista: basta fondi regionali alle strutture che ospitano migranti. Il capogruppo Bordin: «Una scelta di buon senso già attuata in Lombardia»
UDINE. L’obiettivo è chiaro, politicamente studiato a tavolino e si muove indifferente a lamentele, critiche e attacchi: il centrodestra, ma soprattutto la Lega, vuole smontare pezzo per pezzo il sistema di gestione dei richiedenti asilo organizzato dal centrosinistra negli ultimi cinque anni.
«Norma incostituzionale, penalizza l’intero sistema»
Albergatori, operatori dell’accoglienza e Anci bocciano la proposta padana. «La giunta non si rende conto delle conseguenze che provocherà sul territorio»
La lettera a Roma, inviata a una manciata di giorni dall’insediamento della nuova giunta, con cui si annunciava al Viminale la volontà di cancellare l’accoglienza diffusa per ritornare – come peraltro indicato dal neo ministro dell’Interno Matteo Salvini – a un sistema tarato sui Cie è stata la prima mossa.
L’intenzione di cancellare i piani immigrazione, e di limitarne la disponibilità economica già in assestamento di Bilancio per la parte non vincolata, ha rappresentato, poi, il secondo tassello di un “piano” complessivo Di una concezione della gestione del fenomeno, in altre parole, completamente diversa dal passato e attraverso la quale, partendo dalla teoria secondo la quale accoglienza fa rima con business, capovolgere completamente il sistema.
Il ritorno ai Cie e il taglio dei fondi per i lavori di pubblica utilità – senza dimenticare il desiderio di rivedere i criteri di accesso dei profughi al sistema sanitario – rappresentano le architravi di un progetto su cui, a breve, potrebbe innestarsi un terzo paletto che porti, come annunciato giovedì in Aula dal capogruppo leghista Mauro Bordin, a una serie di misure tali da implicare il «divieto di concessione di contributi pubblici a chi ha già ottenuto denaro per l’accoglienza».
L’idea, di per sé, non è originalissima, perché figlia di quanto approvato nel 2015 in Lombardia durante la legislatura di Roberto Maroni. Al Pirellone, all’epoca, si pensava addirittura di multare quelle strutture alberghiere, o comunque ricettive, che avessero garantito, ovviamente dietro versamento delle somme stabilite dalla legge, ospitalità ai migranti. Una “sparata” con ben poche possibilità di superare il vaglio delle istituzioni nazionali con Maroni che, quindi, optò per un altro tipo di soluzione.
Nel momento in cui, correva l’anno 2015, il Consiglio venne stato chiamato ad approvare la nuova legge sul turismo, infatti, la maggioranza di centrodestra (con pure i voti di Fi e di Ncd. vi inserì un articolo appositamente studiato dal governatore.
Nel testo, ancora valido, si legge come «nel caso in cui i richiedenti» di contributi regionali «siano strutture ricettive, alberghiere e non alberghiere», queste possono ottenere i fondi «esclusivamente qualora il fatturato oppure il ricavato dell’attività ricettiva degli ultimi tre anni sia integralmente derivante da attività turistica».
Una norma – mai impugnata dal Governo – che in estrema sintesi penalizza quelle strutture che ospitano – oppure hanno accolto nel recente passato – profughi impedendo loro di ricevere contributi regionali per acquisto, costruzione, riqualificazione, ristrutturazione e ammodernamento degli immobili.
Traslata in ambito regionale, quindi, una legge di questo tipo potrebbe avere effetti non secondari, sia da un punto di vista politico sia pratico. Prendiamo, come caso esemplificativo, la situazione di Lignano. Nella passata legislatura, in ossequio alla diffusione dell’accoglienza diffusa, Prefettura, Regione – nella persona dell’ex assessore Gianni Torrenti – e Comune trovarono una sorta di accordo quadro.
Una pattuglia di migranti – passata dal centinaio di persone del 2015 alla trentina di qualche mese fa – venivano ospitati nei locali dell’hotel Myriam durante l’inverno per essere poi spostati prima dell’apertura della stagione estiva – come testimoniato dal sito della Regione dove si legge che al 6 giugno Lignano non ospita più nemmeno un richiedente asilo – in altre località. I proprietari di quella struttura, perciò, in questi anni hanno ricevuto una serie di fondi pubblici dall’ente gestore – nel caso specifico la Croce Rossa che “paga” attraverso gli stanziamenti statali in materia – e quindi, se la proposta leghista dovesse diventare legge, non potrebbero più partecipare a nessun bando regionale.
«Applichiamo semplicemente il buon senso e combattiamo una possibile, ed evidente, concorrenza sleale – spiega Bordin –. Se una persona possiede un albergo in una località turistica normalmente lo apre soltanto durante la stagione affrontando, quindi, il più classico dei rischi d’impresa perché se arrivano i turisti guadagna, altrimenti va in difficoltà.
Quando qualcuno, invece, decide di ospitare decine di migranti nei periodi “morti” si avvantaggia rispetto ai suoi competitors. Non soltanto perché incassa tutto l’anno, considerato come poi i turisti sostituiscano i migranti, ma anche perchè può utilizzare una parte della somma ottenuta per migliorare la propria struttura. E a quel punto consentirgli anche di accedere ai bandi regionali per noi diventa sbagliato».
Bordin, come è logico che sia in casa della Lega, ha cominciato a discutere della questione con Massimiliano Fedriga e pur non stilando un cronoprogramma preciso, considerata la necessità di mettere a punto un testo che non venga poi bocciato dalla Consulta, punta decisamente in alto auspicando una norma di carattere onnicomprensivo che non interessi, come avviene in Lombardia, soltanto i bandi turistici.
«Nell’attuale periodo storico le risorse pubbliche sono inferiori rispetto al passato – conclude il capogruppo –. Pertanto, a maggior ragione, il loro utilizzo deve avvenire attraverso criteri che considerino le finalità di interesse generale che si intendono perseguire ma, allo stesso tempo, criteri di rotazione che consentano una maggiore fruizione.
Il vincolo lombardo potrebbe trovare, in Fvg, un’applicazione generale ed essere utilizzato in termini di esclusione oppure, più blandamente, di priorità o di maggior punteggio. Una normativa simile consentirebbe di garantire un’equa ripartizione delle risorse avvantaggiando prioritariamente coloro che non hanno già beneficiato recentemente di finanziamenti pubblici.
D’altronde chi ha già ricevuto risorse pubbliche può impiegarle per rinnovare e migliorare la propria struttura senza chiedere a tal fine aiuti alla Regione così da consentire a quest’ultima di aiutare altre strutture e soggetti». Parole chiare, quelle di Bordin, che, però, per diventare realtà hanno bisogno di approfondimenti specifici, in primis legislativi.
Ma al di là dell’aspetto tecnico e normativo la strada è ormai tracciata. Siamo entrati in un mondo nuovo, sul tema dell’immigrazione. E giusto o sbagliato che sia tutti dovranno farne i conti. Perché il Carroccio procede come un panzer. E non pare avere alcuna intenzione di rallentare, figuriamoci di fermarsi.
FONTE: MessaggeroVeneto - 08 Giugno 2018