I carabinieri del Noe hanno accertato l’irregolarità delle attività di manutenzione ed escavazione fluviale effettuate in alcune darsene lungo il fiume Tagliamento nell’area di Lignano e San Michele
LIGNANO. Nell’ambito di una complessa attività di indagine, i carabinieri del nucleo operativo ecologico di Udine, in collaborazione con il 14° nucleo elicotteri carabinieri di Treviso, con il personale del Provveditorato Interregionale per le opere pubbliche per il Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia - Sezione di Udine - e con il personale della Capitaneria di porto di Lignano Sabbiadoro, hanno accertato l’irregolarità – nello specifico per mancanza dei titoli autorizzativi di settore – delle attività di manutenzione ed escavazione fluviale effettuate in alcune darsene lungo il fiume Tagliamento nell’area di Lignano Sabbiadoro e San Michele al Tagliamento.
L’attività dei militari ha fatto emergere che i titolari di due porti turistici situati lungo gli argini del Tagliamento, in prossimità della foce, avevano effettuato nel corso degli anni 2015 e 2016, delle attività di manutenzione - quali pulizie ed escavazioni dei fondali - delle rispettive darsene, mediante una società operante nel settore della cantieristica navale (avente sede in provincia di Venezia).
Tali attività, tuttavia, come è stato evidenziato dai militari operanti con l’ausilio del personale tecnico intervenuto, sono risultate essere prive di qualsiasi atto autorizzativo nonché delle dovute comunicazioni agli enti preposti.
Pertanto i titolari delle due società operanti nel settore turistico ed il titolare della società operante nella cantieristica navale, dovranno rispondere – in concorso tra loro – alla competente autorità giudiziaria di Pordenone, dei reati previsti dal Codice della Navigazione nonché dal Regio Decreto 523/1904 (tuttora vigente nel settore di specie).
Le opere eseguite, da quanto potuto ricostruire dai militari, hanno interessato una movimentazione di circa 10.000 mc. di materiale, all’interno dell’alveo del fiume Tagliamento
56 enti locali contestavano alla Regione Fvg anche il commissariamento in caso di mancata adozione degli Statuti
TRIESTE. Il Tar del Friuli Venezia Giulia ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da 56 Comuni, con l'intervento della Provincia di Udine, contro la riforma che introduce le Uti (Unioni Territoriali Intercomunali) e contro il commissariamento in caso di mancata adozione degli Statuti.
Il deposito delle sentenze, emesse dalla prima sezione del Tribunale amministrativo, è avvenuta stamani. I Comuni ricorrenti avevano contestato la riforma che, cancellando le Province, introduce le 'Unioni territoriali intercomunalì e dispone il commissariamento delle amministrazioni che non aderiscono alle Uti adottandone lo Statuto.
I Comuni avevano contestato la violazione della Costituzione, dello Statuto speciale del FVG, della Carta europea delle Autonomie locali, l'eccesso di potere e la violazione dei principi di adeguatezza, sussidiarietà e di leale collaborazione, aggiungendo che la legge sarebbe stata il primo passo di un disegno volto a «polverizzare» l'ente Comune.
In sostanza i Comuni sarebbero stati costretti ad aderire a un'Uti sulla base di una «decisione unilaterale imposta dalla Regione», con un vincolo lesivo della loro autonomia. Secondo la Regione, invece, le Uti non sono «un nuovo livello di governo territoriale», ma una struttura operativa al servizio dei Comuni, quindi i ricorsi sarebbero dovuti essere dichiarati inammissibili.
No ai commissari se gli statuti non sono adottati Il Tar del Friuli Venezia Giulia ha accolto il ricorso - presentato dai Comuni di Tarvisio e altre amministrazioni - contro la delibera della Giunta regionale che prevede, nell'ambito del procedimento per la costituzione delle Uti, il potere sostitutivo in caso di mancata approvazione delle proposte di atto costitutivo e dello Statuto da parte della conferenza dei sindaci.
Si tratta di due norme della legge regionale 26 del 2014 che riordina il sistema delle autonomie del FVG abolendo le Province. In particolare, l'articolo 7 prevede che la conferenza dei sindaci della costituenda Uti approvi i due documenti, e quindi lo facciano i consigli comunali.
Per il collegio le norme sono «equivoche nel loro contenuto», poiché fanno riferimento alla mancata presentazione della proposta di atto costitutivo e di statuto, e non alla circostanza - avvenuta - che non vi sia stata la maggioranza prevista. Quella della conferenza dei sindaci è «una volontà - sia pure non diretta dei cittadini ma mediata da parte dei loro rappresentanti - su di un atto costitutivo e uno statuto, una mera proposta, che proprio per la sua natura può essere rigettata», sostengono i giudici. Si tratta quindi di «una lacuna della normativa regionale, imputabile al legislatore sovrano».
Secondo la sentenza, "la nomina del commissario ad acta quindi risulta contraria alla legge, da ciò discende l'illegittimità derivata dei provvedimenti sostitutivi adottati, che vanno anch'essi annullati".
Regione soddisfatta: riconosciuta l'azione amministrativa
«La sentenza emessa oggi dal Tar Fvg in merito al ricorso presentato da 56 amministrazioni comunali sull'impianto generale della riforma delle autonomie locali (LR 26/2014) è netta e non ammette interpretazioni o letture di parte. I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili, con argomentazioni puntuali e molto chiare che superano le censure avanzate dai ricorrenti».
Lo scrive in una nota la Regione, evidenziando «con soddisfazione» che il Tar ha «riconosciuto pienamente la legittimità della legge regionale e dell'azione amministrativa sin qui portata avanti».
Per quanto riguarda la sentenza sui commissariamenti con la quale il Tar FVG ha accolto la tesi dei ricorrenti (i ricorsi erano stati promossi nelle 6 Uti - sulle 18 esistenti - in cui a causa della mancata approvazione dello Statuto è stato nominato un commissario ad acta), la Regione rileva che gli effetti della dichiarazione di illegittimità sono «assolutamente limitati e irrilevanti, in quanto il successivo intervento della legge 3/2016 ha costituito »ex lege« le Unioni territoriali intercomunali». I pronunciamenti del Tar «consentono di proseguire nella azione riformatrice intrapresa».
Le reazioni
«La sentenza odierna riconosce pienamente l'impianto e i principi della riforma delle Autonomie locali». Lo affermano la segretaria regionale del Pd Fvg Antonella Grim e il responsabile Enti locali del partito, Lorenzo Presot, commentando il pronunciamento del Tar FVG. Secondo Grim, «la sentenza non solo riconosce l'esistenza e la legittimità delle Uti, ma anche la correttezza dell'impianto normativo che prevede la delega di servizi tra enti. È il riconoscimento del buon lavoro svolto e della correttezza di obiettivi e impianto della legge. È la riprova delle debolezza politica di chi ha osteggiato la riforma nelle aule dei tribunali anziché nei luoghi deputati al confronto».
«Il Tribunale ci dice due cose: quelle Uti non esistono e, ancor più rilevante, la Regione non può imporre nulla ai Comuni. In fondo, bastava leggere la Costituzione. La riforma degli enti locali è sostanzialmente piantata». Lo sostiene il capogruppo consiliare di Fi, Riccardo Riccardi.
«Prendano atto - prosegue Riccardi - che le riforme si fanno condividendo le soluzioni e non lasciandole alle sentenze dei tribunali. Il fallimento politico di Serracchiani sta qui. Come facciamo oggi a dire che le Uti costituite con voto determinante dei commissari esistono? Se Serracchiani non si ferma avremo un assetto istituzionale a trazioni diverse, suggerisco nuovamente alla Presidente di bloccarsi facendo diventare vero il tentativo di composizione delle parti. E tutto questo deve partire dall'eliminazione delle penalizzazioni finanziarie per i Comuni.
«Il round si sposta ad ottobre con il referendum sulla riforma costituzionale». Lo afferma il presidente della Provincia di Udine, Pietro Fontanini. «Dirimente ora sarà - prosegue Fontanini - l'esito del referendum di ottobre sulla riforma costituzionale dove a esprimersi non saranno i tribunali bensì i cittadini. Una riforma da contrastare perché, con il combinato disposto nuova legge elettorale e cancellazione definitiva delle Province, avrà come effetto lo smantellamento del Friuli».
«Ora che il Tar ha annullato la nomina dei commissari per quelle Uti in cui non si è approvato lo Statuto e che ha inevitabilmente ribadito che solo i Comuni e le Regioni sono enti di rango costituzionale, è giunto il tempo di fermarsi e sedersi attorno a un tavolo». Lo sostiene l'on. Gianluigi Gigli (Cd). Secondo Gigli «il conflitto istituzionale non giova a nessuno e l'eccesso di decisionismo ha fatto solo perdere tempo a una riorganizzazione dei servizi peraltro necessaria.
A Latisana il trasferimento delle degenze nel blocco nuovo dovuto alla condizione dei locali Il sindaco Galizio: urge un confronto con la Regione, si sta demolendo l’ospedale della Bassa
LATISANA. Da quello che doveva essere un sopralluogo ordinario, per una valutazione tecnica della struttura, una nuova doccia gelata sul futuro del dipartimento materno infantile dell’ospedale di Latisana.
Nel reparto ideato e strutturato per le degenze materno infantili, finora mai aperto per tale funzione, a quanto pare a breve ci finiranno le degenze della medicina, mettendo così fine a qualsiasi speranza di riapertura del punto nascita e del reparto di pediatria. Anzi mettendo anche in dubbio il proseguo della stessa attività ambulatoriale almeno per quanto riguarda la ginecologia.
A dare ancora più peso a queste ipotesi gli esiti dell’incontro che ha visto ieri mattina riuniti tutti i capo dipartimento della struttura ospedaliera con i vertici dell’Azienda per l’assistenza sanitaria 2 Bassa Friulana-Isontina: oggetto del vertice una ridistribuzione dei reparti, a partire proprio dalla medicina.
A dare un'accelerata a un trasloco comunque nell'aria da tempo, quello della medicina nel nuovo reparto del dipartimento materno infantile, il sopralluogo di una commissione tecnica regionale che periodicamente compie delle verifiche sulle strutture sanitarie friulane e ne accredita i vari reparti, in visita a Latisana mercoledì mattina, avrebbe posto dei dubbi sull'attuale condizione del reparto di medicina. Da qui la soluzione di trasferire le degenze nel blocco nuovo, «mettendo così una pietra sopra su qualsiasi speranza futura per il punto nascita e la guardia pediatrica – ha commentato ieri amareggiato il sindaco di Latisana, Daniele Galizio – a questo punto urge un confronto con la Regione per capire quanta autonomia decisionale sia stata data al direttore generale che con azioni tecniche sta demolendo pezzo dopo pezzo l'ospedale della Bassa occidentale. Da più parti si registrano posizioni forti nei confronti del direttore Pilati – ha aggiunto Galizio – per cui a questo punto è giusto capire quale sia la volontà politica. Ci vogliono comunque azioni unitarie, di territorio, perché l'azione del singolo non serve a niente».
E va in questa direzione anche la decisione maturata ieri dal sindaco di Lignano Sabbiadoro, Luca Fanotto, nel suo ruolo di presidente dell'Uti, di convocare con urgenza un confronto con la Governatrice, Debora Serracchiani e l'assessore regionale alla salute, Maria Sandra Telesca, per tutta una serie di chiarimenti, a cominciare dalla guardia pediatrica h 24 che contrariamente alla premesse, non verrà riattivata nemmeno per la stagione turistica.
Il caso Bicinicco non smette di far discutere. Di profughi l’Ambito di Cervignano ne dovrebbe avere 150, per ora si trovano solo sul territorio del Palmarino, circa un centinaio. A Bicinicco il caso della Corte di Via Verdi in cui era previsto l’arrivo di 40 profughi provenienti da Lignano ha sollevato una mobilitazione. Ad oggi i profughi arrivati sono 14. Mercoledì il prefetto ha verificato la situazione della corte personalmente e poi ha partecipato a una difficile e tesa assemblea pubblica. La bravura del Sindaco Bossi di Bicinicco, la rabbia delle centinaia persone presenti ma anche la disponibilità del prefetto hanno fatto si che si scongiurasse l’arrivo di ulteriori profughi.
Il problema resta e il prefetto chiede aiuto all’Ambito di Cervignano per individuare soluzioni condivise. Ma dal Sindaco di Cervignano Savino, Presidente ambito e Uti, arriva la doccia fredda. “Stop al trasferimento”. Sorprende l’atteggiamento del territorio piu’ a sinistra della regione che si e’ sempre vocato all’integrazione e alla solidarietà. Almeno a parole.
Il problema rimbalza. La proposta sarebbe quella di chiedere al Prefetto che i profughi siano rimandati nell’ambito di provenienza cioè in quello di Latisana.
E’ iniziata così, dopo la guerra tra comuni, anche quella fra ambiti…
I sindaci che fanno capo all’Ambito socio assistenziale del Cervignanese, 17 Comuni, presieduto dal cervignanese, Gianluigi Savino, si sono riuniti mercoledì, in municipio, per rispondere all’appello di Bicinicco, insorta dopo il trasferimento di 14 richiedenti asilo. «Mi sono fatto carico, con tutti gli altri sindaci dell’esigenza di tutelare Bicinicco – ha detto Savino –. I Comuni valuteranno la possibilità di ospitare piccoli gruppi. Chiederò al prefetto che sia interrotto il trasferimento di migranti a Bicinicco limitandosi alle 14 persone presenti e che ogni nuovo invio di profughi sia concordato con il sindaco del rispettivo Comune».
Il clima è teso. Il sindaco di Bicinicco ha chiesto la convocazione dell’assemblea dei sindaci per fare il punto sul tema dell’accoglienza. Igor Treleani, sindaco di Santa Maria la Longa, chiede la risoluzione del problema al fine di «scongiurare la situazione attuale che vede il prefetto, senza avvisare i sindaci, fare accordi con i privati e disporre l’accoglienza, dove trova disponibilità, a scapito dei Comuni. Il tema – continua – va affrontato dall’Ambito senza che questa “roulette” nelle mani delle Prefetture imponga accoglienze sulla base di accordi privati stipulati alle spalle delle comunità. I 40 richiedenti sono stati spostati da Lignano, cioè da un Ambito diverso».
Attulamente, in base alle “quote” stabilite dalla Regione, a ogni Ambito spetterebbero 150 persone: 47 sono ospitate a Palmanova, 23 a San Vito al Torre, 17 a Santa Maria la Longa e 14 a Felettis. «Bicinicco e Santa Maria – ricorda Treleani – lamentano la mancanza di criteri distributivi. Se non troveremo questi criteri il prefetto continuerà a giustificare i propri atti impositivi con la mancanza di organizzazione dell’Ambito. Abbiamo voluto portare la questione all’attenzione degli altri sindaci, in particolare del Cervignanese, perché siamo sicuri troveranno luoghi idonei per ospitare alcune persone anche nei loro territori. Alle belle parole, in particolare di chi è d’accordo con questa tipologia di accoglienza “diffusa”, devono seguire i fatti. Non può essere accettata la logica che impone 40 immigrati in un Comune di 1.900 abitanti e nessuno in uno di 14 mila».