«Il punto nascita non si tocca» Oltre 1.300 persone alla fiaccolata per difendere il presidio sanitario Tanti gli amministratori che hanno sfilato in mezzo alla folla fra gli striscioni
LATISANA. Lisa ha 29 anni e due bambini. Tutti e due sono nati a Latisana «nell’ospedale della mia città» dice con orgoglio. In mano ha una cicogna, simbolo di una nuova nascita, di una nuova vita. È una mamma pronta a lottare. «Se penso a tutte le volte che sono andata in pediatria e adesso sono costretta ad andare fino a Palmanova, non lo posso accettare» aggiunge.
La comunità è scesa in piazza. E a sostenerla nella difesa del punto nascita chiuso dalla Regione non c’è solo la Bassa friulana. Ma un intero territorio. Al suo fianco ci sono Gemona, Gorizia, Cividale, il Veneto Orientale e tanti, tantissimi altri Comuni.
Sono arrabbiati gli amministratori, è arrabbiata la gente «contro questo modo violento di affrontare le riforme solo per dire di averle fatte in qualche salotto televisivo» dice il sindaco Salvatore Benigno. Oltre 1.300 persone - tra cui tanti sindaci e i consiglieri regionali Riccardo Riccardi, Cristian Sergo e Barbara Zilli – c’erano ieri sera alla fiaccolata. C’erano le mamme del comitato nascere e di tante altre associazioni, c’erano i papà che spingevano le carrozzine. Come Antonio Lecce di Lignano.
«È un disservizio enorme – afferma –, noi dobbiamo percorrere 50 chilometri per raggiungere Palmanova e se succede un’emergenza che cosa facciamo?». Si lotta per riavere la pediatria, si lotta e si continuerà a farlo. «C’è un intero territorio senza servizi – continua Benigno –. Non sono state minimamente considerate le nostre ragioni. Tutto è stato calpestato. Purtroppo si è andato contro tutti e contro tutto pur di giustificare una scelta tecnica, ci hanno detto, celata dalla mancanza di pediatri. Ebbene non è così, lo abbiamo dimostrato.
È solamente una scelta politica. Ma la vera politica è quella che sa dialogare e che non fugge il confronto. Per salvaguardare il punto nascita di Latisana le soluzioni ci sono ma manca la volontà politica». Nessuno ha intenzione di arrendersi. Come Rosanna, mamma di Latisanotta che non ha dubbi: «Senza il punto nascita Latisana morirà». Si canta, si gridano cori, si chiede a gran voce alla presidente Serracchiani di «metterci la faccia».
«Si è detto che il problema è la mancanza di pediatri – prosegue Benigno – ma oggi è stato esperito il concorso di pediatri e si sono presentati 11 professionisti per stabilizzare due posti e degli altri cosa si farà? Abbiamo dimostrato che il trend dei 500 parti all’anno viene superato e per paura loro hanno decretato la sospensione tecnica.
Chi viene a fare un concorso quando si sa già che quello sarà un binario morto? Non vogliamo farci prendere in giro, la salute dei cittadini va tutelata per questo abbiamo fatto ricorso al Tar e un esposto al Prefetto. La politica deve avere coraggio e cambiare decisioni già prese quando queste rappresentano una danno per i cittadini».
Sul palco allestito davanti all’ospedale salgono il sindaco di Lignano e i colleghi di San Michele al Tagliamento, di Gorizia, di Gemona, il presidente della Provincia Pietro Fontanini, don Carlo Fant e una rappresentate del comitato nascere Latisana. Latisana non si arrende. Ed è pronta a tutto: «Fuori il coraggio e resistere». FONTE: ?MessaggeroVeneto 24 marzo 2016
A Latisana arriva la telecamera intelligente contro i “furbetti” al volante.
LATISANA. In un attimo registra la targa del mezzo e ne analizza la copertura assicurativa e la regolarità nella revisione. Nel caso qualcosa non sia in regola il controllo consente l’avvio immediato del procedimento a carico del trasgressore.
È il nuovo dispositivo mobile per la lettura delle targhe, del quale è stato dotato ora anche il comando di polizia locale dei comuni di Latisana e Ronchis: proprio perché mobile, potrà essere utilizzato durante tutti i servizi di pattuglia previsti nel territorio di competenza.
La sua funzione è quella di rilevare velocemente, dalla sola lettura della targa, il passaggio di veicoli sprovvisti di copertura assicurativa, o di collaudo, «il tutto – commenta l’assessore alla Polizia locale del comune di Latisana, Maddalena Spagnolo – nell’ottica del potenziamento delle attrezzature tecnologiche d’avanguardia, per agevolare i controlli da parte delle forze dell’ordine».
Da ieri il nuovo dispositivo è entrato in funzione: la “dematerializzazione” del contrassegno dell’assicurazione, con la creazione di una banca dati aggiornata in tempo reale dalla compagnie assicuratrici, così come avviene attraverso la banca dati del Ministero dei trasporti per quanto riguarda la revisione, consente di procedere ai controlli sulla copertura di entrambi gli obblighi, attraverso la semplice visualizzazione della targa, nel tentativo di contrastare quel 30% di automobilisti (su base nazionale), che circolano sprovvisti di copertura assicurativa e senza aver sottoposto il proprio mezzo alla revisione periodica. Se la verifica dà esito negativo scatta l'accertamento da parte della polizia che porterà anche al sequestro dei veicolo nel caso a mancare sia l’assicurazione.
«Si tratta di un investimento per la sicurezza dei cittadini», ha commentato l’assessore alla presentazione del nuovo dispositivo, che si aggiunge a quelli già attuati per il potenziamento della rete di video sorveglianza, operativa con 21 postazioni di ripresa, 24 ore su 24, con le telecamere collegate non solo alla sala operativa del comando della polizia locale, ma anche alla centrale della compagnia carabinieri.
Le immagini sono supportate da fibra ottica, il che permette di avere delle riprese di qualità superiore rispetto alle precedenti, agevolando le forze dell’ordine nell’individuazione dei soggetti responsabili di azioni criminali.
Niente dosso vicino alla scuola Il web insorge contro il Comune. Latisana, critiche dopo la decisione dell’amministrazione di non lasciarlo davanti all’istituto di viale Stazione Il rallentatore ora si trova in via Forte, a Pertegada: contrarietà e perplessità dei residenti su Facebook
LATISANA. Arrivano i dossi stradali. E si accende la polemica sull’opportunità, sulla funzionalità e soprattutto sulla scelta di dove posizionarli. Perché, saltata l’ipotesi di metterne uno davanti alla scuola primaria di viale Stazione nel capoluogo, il Comune di Latisana ha deciso di posizionare il dosso che “avanzava” in prossimità della curva di via Forte, in entrambi i sensi di marcia, nella frazione di Pertegada, provocando la reazione dei residenti che fra domenica e lunedì hanno affidato al web il loro malcontento per la scelta, definendo l’intervento inutile e pericoloso. Con un atto di fine febbraio, la giunta comunale aveva bloccato la realizzazione del rallentatore di velocità inizialmente previsto a Latisana, davanti alla scuola primaria, «in attesa degli opportuni approfondimenti alla luce dei recenti casi giurisprudenziali – si legge nella delibera votata dall’Esecutivo – e di realizzare, in sostituzione, un rallentatore di velocità in via Forte».
L’idea dell’amministrazione era di realizzare rallentatori della velocità su alcuni rettilinei stradali, davanti agli edifici scolastici e, per la precisione, alla scuola dell’infanzia, al nido e all’area verde di via Manin, a Gorgo, davanti alla scuola primaria di Pertegada, in via del Molo, e alla scuola dell’infanzia e all’area verde di via don Picotti, sempre a Pertegada. Obiettivo: limitare la velocità dei veicoli in zone che, per la loro conformazione, favoriscono l’aumento della velocità, creando pericolo per le persone.
Nell’elenco rientrava anche la scuola di viale Stazione, a Latisana, ma il disagio provocato dal dosso rallentatore, in particolare ai mezzi di pronto intervento, ha portato l’amministrazione comunale a desistere dal progetto, scegliendo in alternativa via Forte, a Pertegada, dove peraltro il dosso è già stato installato. E questo ha provocato la reazione dei residenti che, sulla pagina Facebook “Sei di Pertegada se...” hanno criticato la scelta.
«Quel dosso farà strage di motociclisti», è il primo dei commenti comparsi sulla pagina. «Sono troppo alti», aggiunge un altro utente. «Almeno potevano prima asfaltare la strada, con i buchi che ha devi già rallentare ogni momento», si legge in un altro dei commenti postati negli ultimi giorni. Critiche anche al dosso di via del Molo, soprattutto per la scelta di posizionarlo proprio davanti alla scuola.
Semmai – suggerisce il web – andava messo qualche metro prima. E ancora c’è qualche residente che propone di mettere dei rallentatori in altre strade, per esempio in via Casette, dove gli automobilisti passano a velocità elevata. Ma c’è anche chi apprezza l’intervento e richiama a moderare la velocità. «Così – si legge – non succede nulla nemmeno attraversando il dosso» FONTE: ►MessaggeroVeneto 08 marzo 2016
Un corso di autodifesa personale per preparare i cittadini, e in particolare le donne ad affrontare una situazione di pericolo.
E' quanto sta elaborando l'Assessore comunale alle pari opportunità, retto da Maddalena Spagnolo (nella foto), in collaborazione con il comando di polizia locale che a breve si occuperà di contattare le associazioni da coinvolgere nel progetto.
Aprite l'immagine per leggere l'articolo del messaggero (oddio scrivere; Valvasev)
Il capoluogo della Valcanale resta in balia delle decisioni di Roma. Sospesa la riconversione turistica dell’ex caserma La Marmora. E intanto il paese si spegne giorno dopo giorno.
TARVISIO – Se ne parla da più di un anno e mezzo. Dalla fine dell’estate 2014, da quando l’ex caserma La Marmora di Tarvisio è finita nel mirino del Ministero dell’Interno come possibile centro di accoglienza di migranti in arrivo dalla rotta balcanica. Una struttura immensa, proprietà del Demanio, che sorge a pochi passi dall’ex frontiera con l’Austria. E poca importa negli anni, nelle sue vicinanze, siano sorti alberghi e piste da sci: se lo Stato chiama, Tarvisio risponde, e senza troppi lamenti. E’ già accaduto in passato, con i tracciati dei gasdotti, con i viadotti di autostrada e ferrovia, con le stazioni, gli autoporti e le caserme. Oggi, però, lo Stato non vuole portare posti di lavoro, sicurezza e sviluppo al territorio, ma rallentare la sua riconversione turistica, avviata, non senza fatica, da metà degli anni ’90 dopo la chiusura (anche questa 'imposta') dei confini.
Dalla possibile riconversione alla disponibilità per la 'ragion di Stato' Un tira e molla infinito quello della La Marmora, con il sindaco di Tarvisio schieratosi fin dall’inizio contro l’ipotesi di riconvertire l’ex caserma in un Centro di accoglienza. Le ha provate tutte: una raccolta di firme, il coinvolgimento degli amministratori di Carinzia e Slovenia per fare scoppiare un ‘caso’ internazionale, la sensibilizzazione dei media nazionali. E’ spuntato pure un investitore pronto a mettere sulla riconversione turistica dell’ex caserma 50 milioni di euro. Tutto sembrava andare per il verso giusto, con la politica regionale che aveva ammesso la non opportunità di trasformare la La Marmora in un ‘ostello’ per i profughi: non solo le forze di centrodestra, con la Lega in testa, ma addirittura la presidente Debora Serracchiani e un parlamentare come Giorgio Brandolin. Eppure quando il processo per la cessione dell’ex caserma dal Demanio al Comune pareva essere finalmente a un passo, garantendo così il recupero di un edificio dismesso con finalità turistiche, sono arrivate le parole del prefetto di Udine. Persona, va detto, intelligente e avveduta, non il solito burocrate formale che più di una volta, in passato, ha occupato gli uffici di via della Prefettura. Eppure Vittorio Zappalorto, questo il nome del prefetto, ha dovuto ‘obbedire’ alla ‘ragion di Stato’, lasciando la porta aperta a un possibile utilizzo della La Marmora per dare ospitalità ai profughi in arrivo. «L’ex caserma La Marmora rimane così com’è, almeno fino a quando non finirà questa situazione di incertezza ai confini». Queste le sue parole.
Un paese che si sta spegnendo, giorno dopo giorno La riconversione turistica dell’area, quindi può aspettare. E’ la ‘ragion di Stato’ a suggerirlo. Per quanto tempo? Nessuno lo sa. E intanto Tarvisio si sta spegnendo giorno dopo giorno, nonostante gli sforzi di operatori turistici, associazioni, amministratori e semplici cittadini. I fasti del passato sono finiti, e la colpa è sempre della solita ‘ragion di Stato’, che d’improvviso ha deciso che il capoluogo della Valcanale non sarebbe più stato un paese di confine. I residenti calano, il lavoro latita, e molti giovani o si trasferiscono altrove, o guardano all’Austria per lavorare e vivere. Il problema non è l’accoglienza, ma il modo in cui lo Stato pretende di decidere le sorti di un territorio, probabilmente senza nemmeno conoscerlo, ma stabilendo l’opportunità di agire in un modo o nell’altro guardando una cartina o una planimetria da un ufficio della Capitale. E’ vero, il turismo c’è, ma non decolla. I posti letto sono quelli da anni, così come il numero di persone che frequentano la località, che ‘galleggia’ in attesa di tempi migliori.
Nulla di più definitivo del provvisorio Tarvisio ha già pagato negli ultimi decenni. In termini occupazionali, sociali, economici. Lo Stato, prima ha dato, poi ha tolto, e ora, rischia di vanificare quanto fatto di recente in termini turistici. La questione non riguarda l’accoglienza, sicuramente doverosa. Ma la concentrazione di migranti. Perché se la La Marmora dovesse riaprire per un incremento dei flussi migratori, non ospiterebbe dieci, venti o trenta ‘disperati’, ma centinaia di richiedenti asilo. Una sistemazione ‘temporanea’ come l’ex caserma Cavarzerani di Udine, diventata una vera e propria cittadella di migranti. E si sa, in Italia, non c’è nulla di più definitivo del provvisorio. Specialmente quando si tratta della ‘ragion di Stato’…